Dal 1 al 31 Settembre 2005 presso i locali del "Bar Agip da Chicca" in via Aurelia Nord Km256,304 a San Vincenzo (LI), ho esposto la mostra fotografica dal titolo “Ricordi d'infanzia”. La stessa, è composta da 37 still-life raffiguranti gli oggetti che quotidianamente hanno accompagnato la mia vita, di questo lavoro scrive Ezio Turus docente Dac della Fiaf: “Lucia, dove sei? Non ti vedo! Stai giocando? Attenzione alle statuine di papà, lo sai che ci tiene, vero?” Una voce familiare pervade questi oggetti. Ricordi, pensieri che si intrecciano con i confini di un giocattolo, di una statua, di un arnese. La memoria gioca strani scherzi, a volte. Basta ritrovare in un vecchio baule uno straccio, un vecchio giocattolo consunto, un bicchiere scheggiato e dentro di noi si apre una finestra sempre più ampia, sempre più vivida. Si alza il sipario sul palcoscenico della memoria. I ricordi e gli oggetti sono attori di una commedia in un unico atto. Narrano storie intime, narrano momenti trascorsi in allegria, narrano pianti, forse narrano istanti mai vissuti ma solo sognati. Parlano, comunicano tra di loro. Recitano il ruolo che la nostra memoria ha loro assegnato e questi, da bravi consumati attori, ci restituiscono le emozioni racchiuse, le lacrime e le risa, le carezze della mamma intenta a guardare il babbo mentre plasma la terracotta. Questo lavoro di Lucia sembra uno spezzone di pellicola rubato a questa rappresentazione. Fotogrammi di un film che, meglio della vita reale, sa toccare le corde sentimentali degli spettatori. Il suono della chitarra si intona al rumore della moka; il ticchettio della sveglia scandisce il ritmo della danza di una lontana ballerina, il carillon e il telefono danno voce alle fotografie incorniciate. Ricordi dentro i ricordi, in un contatto temporale che unisce epoche lontane a istanti presenti. Salutano, le bambole. Quasi nel timore di passare inosservate, nel timore di essere dimenticate nella corsa quotidiana verso la realtà. La corsa verso l'orologio, metronomo incontrastabile dei nostri ritmi. “Fermati con noi!” Sembrano recitare i giocattoli, raccontando di una presenza viva, che vede le cose dall’altezza dei bambini. L’unica altezza da cui tutti noi dovremmo guardare il mondo."